Convegno Telefono Azzurro
27 Marzo 2001

Relazione dell'On. Landolfi

Il personale augurio che desidero rivolgere a tutti noi è che la prossima legislatura possa offrire ai bambini, ai genitori, agli operatori impegnati nella tutela dell’infanzia uno strumento legislativo, attraverso il quale sia realmente garantito il rispetto delle norme vigenti e dei vari codici di autodisciplina sin qui varati, e che possa tradursi in regolarmente attuativo per gli operatori dell’informazione affinchè il passaggio tra i vecchi e i nuovi media sia il più armonico possibile. Il dibattito intorno ai mass media e ai loro effetti nel sociale è avviato da diversi decenni, puntualmente riesplode in occasione di drammi sociali, come quelli appena consumatasi e che purtroppo hanno visto protagonisti i minori. Ciò nonostante l’effetto scoop, restano: i drammi familiari, gli adolescenti o i “bravi ragazzi” che improvvisamente si trasformano in carnefici, resta la sconfitta degli educatori per non aver saputo “ ascoltare” o percepire un disagio che era li sotto i propri legislatori per non aver privilegiato l’ascolto dei genitori e dei propri figli. Un’amarezza che diventa ancora più profonda quando si è tacciati di “ censura” se si invoca il rispetto della direttiva 89/552 del Consiglio della Comunità Europee del 3 ottobre 1989-rescepita dalla legge Mammì- che ha introdotto l’obbligo per gli stati membri di vietare “programmi che possono nuocere allo sviluppo fisico-mentale o morale dei miinorenni ” al pari della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo ratificata dall’Italia nel 1991.

La tutela dei minori va inserita in una ampia strategia che passa per una politica di sostegno alle famiglie e per una rimodulazione dello stato sociale che ponga al centro i nuovi e reali bisogni dei ceti più svantaggiati. Quante famiglie sono costrette a considerare la TV come una sorta di madre-maestra- baby sitter?

Quante mamme sono obbligate a delegare il ruolo di educatrice alla televisione? Né è possibile immaginare che la programmazione televisiva possa ridursi ad una melassa indistinta, innocua, neutra, di un utente senza genere e senza età. La tv è anche stimolo, ricerca, capacità di sfidare tabù e luoghi comuni. Che fare dunque?

L’autoregolamentazione è fallita, il quadro normativo è complesso e inefficace. Lo stesso Presidente dell’autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni nel corso dell’audizione del 30 marzo ultimo scorso ha affermato l’esigenza di “di ricostruire unitariamente il complesso quadro normativo TV e minori con la formulazione di un testo unico in grado di raccogliere e semplificare le diverse normative; oggi ci si trova a censurare comportamenti che non hanno sanzioni o a ricercare sanzioni diverse: e questo perché abbiamo avuto una legislazione che è cresciuta su strati diversi e che non è mai stata riordinata”.

Nonostante la convenzione di New York, la legge quadro sui diritti del fanciullo 285, la carta di Treviso, il programma Stop-adottato del Consiglio dell’Unione Europea nel 1996 contro lo sfruttamento sessuale dei minori, la 269/98( pedofilia ed internet), il Libro Verde della Commissione europea sulla tutela dei minori nei servizi audiovisivi e informazione del 1996, che hanno sancito e riconosciuto i diritti dei minori, in Italia si è ancora lontani dalla certezza della tutela del minore, occorre a mio avviso fare un salto di qualità, passare dall’enunciazione dei principi alla certezza della tutela, così come è accaduto in Francia, in modo che la violazione dei codici non resti un fatto meramente morale ma sia sanzionabile in quanto violazione che può portare anche alla revoca della concessione.

Il salto di qualità non è riuscito a farlo neanche la Concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, nonostante gli obblighi derivanti dal contratto di servizio. Non ha avuto fin’ora il coraggio di sacrificare l’audience rinunciando a programmazioni addirittura vietate nelle cosiddette fasce protette, limitandosi ad avvisare che “il programma non era adatto ad un pubblico non adulto o che per la visione si consigliava la presenza dei genitori”.

Il coraggio è mancato, a mio avviso, nell’istituire un difensore civico per l’informazione rivolta ai minori o un opposito organismo all’interno dell’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni in seno alla stessa Commissione prodotti e servizi a tutela della programmazione televisiva libera di sanzionare e con potere decisionale preventivo sulla stessa programmazione destinata all’infanzia. Siamo ancora ben lontani dal Children’s Television Act, il provvedimento Usa del 1990 che obbliga gli operatori televisivi a svolgere un particolare tipo di servizio pubblico per l’infanzia attraverso una programmazione di tipo educativo. Occorre investire in produzioni e programmi, piuttosto che limitarsi ad importarli da paesi distanti culturalmente, occorre quindi impegnarsi affinchè il televisore ed il computer

Siano degli elettrodomestici intelligenti al servizio dei consumatori anziché strumento di violenza e sfruttamento dei minori.

La mancata applicazione delle vigenti norme, in tema di informazione - comunicazione e programmazione rivolta ai minori è stata oggetto anche di aspri scontri all’interno della Commissione di Vigilanza Rai in occasione del Gay Pride, degli sconvolgenti servizi sulla pedofilia ad opera dei tg.

La censura viene elevata a vessillo di libertà ogni qualvolta la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo è costretta a fronteggiare gli attacchi per una qualità scadente di programmazione ed ogni qualvolta si parla di Tv Spazzatura. E’ un rituale, dal quale occorre avere il coraggio di sottrarsi se si vuole spezzare la spirale dell’infanzia violata nel più elementare diritto a fruire dei mezzi di informazione.